Tra le numerose attività che caratterizzarono le produzioni artigianali celtiche la metallurgia del ferro fu forse la più innovativa, nella quale si raggiunsero vette tecniche particolarmente elevate. Quegli antichi metallurgisti sapevano trarre gli elementi indispensabili alla loro arte, anche a costo di faticosissime escavazioni che li condussero a creare cavi di miniera di dimensioni considerevoli, spesso collocate negli ambienti impervi delle vallate alpine.
Accanto a questi, in ogni comunità , anche piccola, erano attivi dei fabbri, che sapevano plasmare con abilità il ferro prodotto dai metallurgisti. Talora erano essi stessi metallurgisti, capaci di trarre il metallo dal minerale, dopo averlo estratto dalle viscere della montagna. Le fucine dei celti erano piccole unità produttive, ricavate al margine degli abitati, in stretta associazione con le abitazioni, ove gli stessi fabbri e metallurgisti svolgevano ordinarie attività domestiche e pratiche agropastorali.
I fabbri celti erano profondi conoscitori dei sistemi di lavorazione plastica. Tutte le forme dei manufatti erano ottenute per deformazione del metallo attuata a caldo sfruttando le caratteristiche di plasticità del ferro riscaldato a color rosso o addirittura bianco. La foggiatura del manufatto avveniva in base a successive martellature manuali attuate sul piano dell'incudine, intervallate da riscaldamenti del massello nel fuoco di forgia, alimentato dal mantice azionato da un aiutante.