L'autore avvicina il grande pubblico, com'è sua abitudine, con una storia vera ricostruita in forma di romanzo. La vicenda è incentrata su un fatto di cronaca che si sviluppa tra la primavera del 1701 e il corrispondente periodo dell'anno successivo, nel Piemonte in stato pre-bellico per l'incipienza di una terribile guerra che condurrà le truppe di occupazione a scorrazzare per le sue terre, fino a culminare nell'assedio di Torino.
Il fulcro della storia è una vicenda di falsari in valle Soana ma molti fatti accadono nel contesto più ampio: a Pont, a Cuorgnè o a Castellamonte. Sullo sfondo: fucine, assaggi e miniere in una delle più suggestive valli del Gran Paradiso, oltre alla monumentale fucina, fabbrica di paioli in rame di Glaudo Calvi a Ronco, che rifornisce l'Arsenale di Torino. Questo monumento del lavoro, intorno al quale ruota la storia dei falsari, è stato recentemente trasformato in museo dal Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Le Alpi, con la loro cospicua presenza continentale, rappresentano un ambiente appartato, spesso marginale, nell'ambito del quale si conservano, più che altrove, mentalità, tradizioni e retaggi culturali antichi, così come un'innata fierezza della gente, talora motivo di avversione alle istituzioni e alle loro regole. Gli uomini della montagna, forgiati dalla severità dell'ambiente, si sentono più liberi ed è su questa presunta maggiore libertà che s'innesta il grave fatto di cronaca con conseguenze molto gravi, ispiratore del romanzo. L'autore, con l'occasione, ricostruisce l'ambiente sociale e la mentalità della gente delle montagne canavesane tra XVII e XVIII secolo. Completa l'opera, un'affascinante ricostruzione etnografica dei luoghi e delle attività agro-pastorali e artigianali.
Tra le pagine del romanzo si vedono passare molti personaggi storici come il conte Carlo Morizio Valperga, altezzoso feudatario del luogo, il suo vicario Giorgio Reordino, oppure il colonnello di cavalleria Trottis, che per diversi mesi acquartiera il suo distaccamento a Cuorgnè, il luogotenente del feudo Bartolomeo Rocho, ma anche l'umile credendario Giovan Battista Ferpot, coinvolto suo malgrado nella storia criminale.
Il romanzo è steso in una buona prosa fluente e la narrazione sapiente rende particolarmente gradevole la lettura.